venerdì 23 dicembre 2011

Natale: messaggio di Speranza


Viviamo un momento delicato. Siamo interrogati da quanto avviene e da cosa dobbiamo aspettarci per il futuro.
In tutto ciò abbiamo una parola che sentiamo in continuazione ripetere: Speranza.

E’ una parola struggente, difficile da comprendere, ma si tratta dell’unico messaggio che possa permetterci di guardare all’avvenire.
Il Natale dopotutto è questo: è la Speranza, che per chi crede si incarna in un bambino, ma che per tutti ci interroga su cosa stiamo facendo per costruire il futuro.

Il contesto economico e sociale è oggi in crisi. Se si trattasse solo di una crisi economica probabilmente non ci sentiremmo tanto colpiti. In realtà è stata messa in evidenza la disgregazione da tempo in atto nella società. L’individualismo ha mostrato il suo aspetto più drammatico: l’incapacità di porre attenzione alle situazioni più difficili e più deboli della società.

Non possiamo però sottrarci alla sfida di presentare la speranza come virtù, come l’opportunità di poter costruire un mondo nuovo, in uno sforzo culturale che ci porterà necessariamente a ripensare alcuni valori e principi.

La crisi può essere superata
Dobbiamo testimoniare, attraverso un grande impegno in campo sociale, di poter costruire un mondo migliore, nella consapevolezza che non può esistere un «paradiso in terra».
Le motivazioni religiose di tale impegno possono non essere condivise, ma le convinzioni morali che ne discendono costituiscono un punto di incontro tra i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà.
Bisogna crederci e volerlo, insieme, spendendo ciascuno le proprie capacità di collaborazione per il bene comune.

I valori fondamentali: centralità della persona e del lavoro
Durante questo anno come Diocesi di Bergamo abbiamo affrontato il tema del lavoro con un grande convegno dal titolo “Il lavoro cambia e ci cambia”.

Ecco alcuni messaggi di speranza fondamentali, a cui si accompagnano sfide che dipenderanno dal nostro impegno:
-          lo sviluppo economico deve essere finalizzato alla crescita integrale e solidale dell’uomo e della società e non agli obiettivi di una indiscriminata attività finanziaria o monetaria; 
-          dobbiamo essere capaci di incidere sulle trasformazioni strutturali dell’economia e per questo tramite creare l’occasione per realizzare un nuovo modello di sviluppo: «Oggi è in atto la cosiddetta “mondializzazione dell’economia”, fenomeno questo, che non va deprecato, perché può creare straordinarie occasioni di maggior benessere» (Centesimus Annus, n. 58);
-          occorre puntare a una nuova cultura del lavoro, che si costruisca sul principio del primato assoluto della persona: «Il lavoro è per l’uomo, e non l’uomo per il lavoro» (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, n. 6);
-          serve ripensare il modello e il concetto stesso di impresa. Essa deve divenire una vera comunità di lavoro, che mira a conseguire il bene comune di tutti i suoi membri. Ciò è richiesto dalla stessa evoluzione strutturale in atto nell’economia: le nuove tecnologie tendono a valorizzare sempre più l’uso della intelligenza al posto della forza fisica e la partecipazione corresponsabile di tutti i fattori produttivi;
-          è necessario pensare ad un impresa che declini in maniera nuova il principio di solidarietà. «Occorre  fare del principio di solidarietà il criterio costante e qualificante delle scelte di politica economica. Purtroppo ancora oggi non manca chi crede che la più ampia libertà di mercato, favorendo l’iniziativa e la crescita economica, si traduca automaticamente in ricchezza per tutti. Ma la storia e la realtà sotto i nostri occhi mostrano a sufficienza che non è così. Assistiamo anzi a momenti di espansione produttiva che, anche a motivo dell’innovazione tecnologica, si accompagnano ad aumento di disoccupazione e relativo disagio sociale. Bisogna dunque trovare un conveniente punto di equilibrio tra le esigenze della libertà economica, che non può essere ingiustamente penalizzata, e quella “cultura delle regole” che, da una parte, garantisce i benefici della leale competizione e, dall’altra, si pone a tutela dei diritti del lavoro e, primo fra essi, del diritto al lavoro per tutti. La ricerca di tale equilibrio non è facile, ma è una sfida a cui ciascuna componente sociale non si può sottrarre» («Discorso ai rappresentanti del mondo del lavoro», n. 6, in L’Osservatore Romano, 31 marzo 1996);
-          infine, esiste tutto un filone di opportunità legate al cosiddetto Terzo Settore, a cui bisogna assegnare la necessaria dignità. Devono «essere riconosciute e promosse attività che sono di grande importanza sociale, anche se non partecipano direttamente al processo produttivo di mercato (sostegno alle famiglie, cura delle persone anziane e dei portatori di handicap, protezione e cura dell’ambiente, ecc.). Perché ciò si realizzi è necessario che venga accolta l’idea che il valore del lavoro non è unicamente connesso al fatto di produrre un reddito, ma al fatto di essere attività della persona, da cui ricava il suo senso e la sua dignità» (CEI, Democrazia economica, sviluppo e bene comune [1994], n. 59).

Dobbiamo ripartire con questa idea di speranza, perché il futuro dipenderà anche dalla nostra capacità di trovare vie sempre nuove e prospettive sempre rinnovate di tracciare una strada.

Con questo pensiero, con la convinzione che si debba sempre guardare avanti, Buon Natale a tutti!

Simone Biffi
Centro Diocesano per la Pastorale Sociale

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