La buona politica? I riferimenti ci sono già
Da l’Eco di Bergamo di giovedì 07
marzo pag. 4
La peculiarità vera delle elezioni
non è stata l'anticipazione della fine della legislatura rispetto alla scadenza
naturale (maggio 2013), ma l'aver vissuto una campagna elettorale colpevolmente
silente su contenuti e prospettive relative al rilancio dell'economia e
all'emergenza occupazionale. Non vi è stato un confronto tra progetti diversi,
non si è scelto tra visioni alternative; si è votato per voglia di cambiare,
per dare un segnale, una sorta di lezione alla «vecchia politica», senza
tuttavia aver chiaro quale fosse quella «nuova»: l'unica cosa su cui eravamo
veramente tutti d'accordo entrando al seggio era che non si poteva continuare
così facendo finta di niente. Oggettivamente poca cosa… Abbiamo votato anche se
lo sbocco ci appariva avvolto da un alone di indefinitezza, tranquillizzati dal
fatto che coloro che si sono candidati hanno tutti dichiarato di essere pronti
ad impegnarsi in modo trasparente nella direzione del bene comune. Forse non
tutti avevano le idee abbastanza chiare e forse non tutti erano in buona fede,
ma questo fa parte del gioco.
Il punto è che i risultati delle elezioni sono andati oltre le «normali» previsioni: non solo le classiche gioie e dolori sia per quelli che hanno vinto (ma non abbastanza, e che quindi hanno anche perso) che per quelli che hanno perso (ma non così tanto, e che quindi un po' hanno anche vinto), stavolta c'è la novità di quelli che hanno stravinto, i quali ora si trovano con problemi importanti su atteggiamenti, contenuti e organizzazione: speriamo vi lavorino con impegno e profitto per il bene loro e di tutti noi. Volendo dare un segnale chiaro di discontinuità, chiedendo una svolta epocale, in realtà gli italiani l'hanno già posta in atto. La sensazione è che si sia andati oltre un punto di non ritorno. Alla luce di questo urge fare un riesame generale, come singole persone e come comunità, in relazione ai progetti concreti dei singoli partiti, in un'ottica non solo locale, ma anche nazionale ed europea. Siamo di fronte ad un salto importante nell'evoluzione della nostra democrazia da rappresentativa a partecipativa. Se questo è ciò che vogliamo, cioè vedere tutto, sapere tutto, dire la nostra su tutto attraverso la rete, ebbene allora prepariamoci a riflettere su tutto, ad approfondire tutto, consapevolmente e responsabilmente. Il tempo della ricreazione è finito, e ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità sulle cose da fare, con le relative priorità, e sul dove e come andare, e con chi: le decisioni e le direzioni da prendere sono ancora tutte da definire.
Tutti, elettori ed eletti, siamo pronti a fare la nostra parte? Forse non siamo tutti d'accordo su criteri e percorsi, ma tutti sappiamo che una soluzione la dobbiamo tirar fuori. L'unica possibilità è di ricreare un ambiente e uno spirito «costituente»: disposti ad ascoltarci veramente l'un l'altro, consapevoli che la soluzione non potrà essere un semplice benché ragionevole compromesso: dovremo fare tutti un passo indietro, e ritrovare i principi base che caratterizzano la realtà socioeconomica e la nostra identità culturale. I riferimenti ci sono, irrinunciabili anche se migliorabili: si chiamano Costituzione repubblicana e processo di integrazione politica europea. E per i cattolici, ma non solo, Vangelo e Dottrina sociale.
Centro per la Pastorale sociale
Il punto è che i risultati delle elezioni sono andati oltre le «normali» previsioni: non solo le classiche gioie e dolori sia per quelli che hanno vinto (ma non abbastanza, e che quindi hanno anche perso) che per quelli che hanno perso (ma non così tanto, e che quindi un po' hanno anche vinto), stavolta c'è la novità di quelli che hanno stravinto, i quali ora si trovano con problemi importanti su atteggiamenti, contenuti e organizzazione: speriamo vi lavorino con impegno e profitto per il bene loro e di tutti noi. Volendo dare un segnale chiaro di discontinuità, chiedendo una svolta epocale, in realtà gli italiani l'hanno già posta in atto. La sensazione è che si sia andati oltre un punto di non ritorno. Alla luce di questo urge fare un riesame generale, come singole persone e come comunità, in relazione ai progetti concreti dei singoli partiti, in un'ottica non solo locale, ma anche nazionale ed europea. Siamo di fronte ad un salto importante nell'evoluzione della nostra democrazia da rappresentativa a partecipativa. Se questo è ciò che vogliamo, cioè vedere tutto, sapere tutto, dire la nostra su tutto attraverso la rete, ebbene allora prepariamoci a riflettere su tutto, ad approfondire tutto, consapevolmente e responsabilmente. Il tempo della ricreazione è finito, e ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità sulle cose da fare, con le relative priorità, e sul dove e come andare, e con chi: le decisioni e le direzioni da prendere sono ancora tutte da definire.
Tutti, elettori ed eletti, siamo pronti a fare la nostra parte? Forse non siamo tutti d'accordo su criteri e percorsi, ma tutti sappiamo che una soluzione la dobbiamo tirar fuori. L'unica possibilità è di ricreare un ambiente e uno spirito «costituente»: disposti ad ascoltarci veramente l'un l'altro, consapevoli che la soluzione non potrà essere un semplice benché ragionevole compromesso: dovremo fare tutti un passo indietro, e ritrovare i principi base che caratterizzano la realtà socioeconomica e la nostra identità culturale. I riferimenti ci sono, irrinunciabili anche se migliorabili: si chiamano Costituzione repubblicana e processo di integrazione politica europea. E per i cattolici, ma non solo, Vangelo e Dottrina sociale.
Centro per la Pastorale sociale
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