Da L'Eco di Bergamo di Mercoledì 22 Febbraio 2012, pag. 24
Il lavoro flessibile come un'opportunità per progettare il futuro e non come condizione di precarietà che genera ansia e insicurezza e impedisce progetti di vita.
Il rapporto tra giovani, lavoro, flessibilità e scelte di vita è stato al centro del primo seminario organizzato dall'Ufficio diocesano della pastorale sociale nell'ambito del progetto avviato lo scorso anno con il convegno ecclesiale «Lavoro e sviluppo umano: il lavoro cambia e ci cambia».
I tre incontri successivi affronteranno i temi welfare e tutele, nuove tecnologie e ricerche, territorio e ambiente. Gli incontri, ha spiegato monsignor Maurizio Gervasoni, delegato vescovile, «hanno l'obiettivo di leggere la realtà da punti di vista diversi: chi meglio dei giovani ha la capacità di rileggere sotto una luce diversa il nostro modello di sviluppo? I giovani possono vedere nella situazione di oggi opportunità e criticità diverse: sono persone cresciute in questa realtà e hanno strumenti di analisi diversi».
«Convegno dei giovani»
L'iniziativa, ha proseguito monsignor Gervasoni, «non vuole essere un convegno sui giovani, ma dei giovani con la possibilità di pensare ad un modello di sviluppo a partire da un approccio diverso». Durante il seminario, tenutosi nella sede della Cisl di via Carnovali, aperto da don Francesco Poli, direttore dell'Ufficio diocesano per la pastorale sociale (Cdps), e moderato da Simone Biffi, del tavolo giovani Cdps, sono intervenuti numerosi giovani lavoratori, studenti, imprenditori, rappresentati di associazioni e parti sociali (Confindustria Bergamo, Cgil, Uil, Confartigianato) con testimonianze e riflessioni personali.
Giulia Rivellini, docente di demografia all'Università Cattolica di Milano, nella relazione introduttiva ha rimarcato come «il lavoro atipico perde il suo alone di negatività se lo collochiamo in un mondo produttivo cambiato; è un elemento di criticità quando la sua mancanza si prolunga nel tempo o non evolve verso un lavoro a tempo indeterminato». Le condizioni di flessibilità non sono tutte uguali: «C'è una flessibilità "dominata" – ha rimarcato Rivellini – che non genera condizioni negative e consente di passare da un lavoro all'altro, ed una "subita" che porta situazioni di precarietà e di minori tutele». Le donne, ha aggiunto Sara Zinetti, consigliera di Parità provinciale, «sono più allenate alla flessibilità che, però, spesso diventa precarietà. Il lavoro femminile non è sempre considerato una risorsa: servono nuovi strumenti per valorizzarlo».
Giuseppe Guerini, segretario generale di Confcooperative, ha invitato a «riflettere sul senso del lavoro. Occorre un patto sociale di equità per riequilibrare il valore tra lavoro e capitale». «Oggi – ha rimarcato Ferdinando Piccini, segretario provinciale Cisl – occorre fare i conti con la flessibilità da non confondere con precarietà. Occorre discutere anche di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. Servono politiche attive del lavoro per realizzare una rete che accompagni i giovani da un lavoro all'altro».
Il rischio di conflitto
I giovani hanno, tra l'altro, rimarcato la necessità di far incrociare meglio domanda e offerta con interventi sulla scuola e con percorsi di orientamento. La flessibilità in entrata non spaventa i giovani – è stato osservato – e può essere occasione di miglioramento e di crescita: bisogna, però, evitare che si trasformi in precarietà ed occorre rivedere gli ammortizzatori sociali per renderla più sostenibile e tutelata. Al centro degli interventi anche i temi della formazione permanente, dell'apprendistato e di una precarietà che rischia di diventare scontro tra generazioni.
Il rapporto tra giovani, lavoro, flessibilità e scelte di vita è stato al centro del primo seminario organizzato dall'Ufficio diocesano della pastorale sociale nell'ambito del progetto avviato lo scorso anno con il convegno ecclesiale «Lavoro e sviluppo umano: il lavoro cambia e ci cambia».
I tre incontri successivi affronteranno i temi welfare e tutele, nuove tecnologie e ricerche, territorio e ambiente. Gli incontri, ha spiegato monsignor Maurizio Gervasoni, delegato vescovile, «hanno l'obiettivo di leggere la realtà da punti di vista diversi: chi meglio dei giovani ha la capacità di rileggere sotto una luce diversa il nostro modello di sviluppo? I giovani possono vedere nella situazione di oggi opportunità e criticità diverse: sono persone cresciute in questa realtà e hanno strumenti di analisi diversi».
«Convegno dei giovani»
L'iniziativa, ha proseguito monsignor Gervasoni, «non vuole essere un convegno sui giovani, ma dei giovani con la possibilità di pensare ad un modello di sviluppo a partire da un approccio diverso». Durante il seminario, tenutosi nella sede della Cisl di via Carnovali, aperto da don Francesco Poli, direttore dell'Ufficio diocesano per la pastorale sociale (Cdps), e moderato da Simone Biffi, del tavolo giovani Cdps, sono intervenuti numerosi giovani lavoratori, studenti, imprenditori, rappresentati di associazioni e parti sociali (Confindustria Bergamo, Cgil, Uil, Confartigianato) con testimonianze e riflessioni personali.
Giulia Rivellini, docente di demografia all'Università Cattolica di Milano, nella relazione introduttiva ha rimarcato come «il lavoro atipico perde il suo alone di negatività se lo collochiamo in un mondo produttivo cambiato; è un elemento di criticità quando la sua mancanza si prolunga nel tempo o non evolve verso un lavoro a tempo indeterminato». Le condizioni di flessibilità non sono tutte uguali: «C'è una flessibilità "dominata" – ha rimarcato Rivellini – che non genera condizioni negative e consente di passare da un lavoro all'altro, ed una "subita" che porta situazioni di precarietà e di minori tutele». Le donne, ha aggiunto Sara Zinetti, consigliera di Parità provinciale, «sono più allenate alla flessibilità che, però, spesso diventa precarietà. Il lavoro femminile non è sempre considerato una risorsa: servono nuovi strumenti per valorizzarlo».
Giuseppe Guerini, segretario generale di Confcooperative, ha invitato a «riflettere sul senso del lavoro. Occorre un patto sociale di equità per riequilibrare il valore tra lavoro e capitale». «Oggi – ha rimarcato Ferdinando Piccini, segretario provinciale Cisl – occorre fare i conti con la flessibilità da non confondere con precarietà. Occorre discutere anche di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro. Servono politiche attive del lavoro per realizzare una rete che accompagni i giovani da un lavoro all'altro».
Il rischio di conflitto
I giovani hanno, tra l'altro, rimarcato la necessità di far incrociare meglio domanda e offerta con interventi sulla scuola e con percorsi di orientamento. La flessibilità in entrata non spaventa i giovani – è stato osservato – e può essere occasione di miglioramento e di crescita: bisogna, però, evitare che si trasformi in precarietà ed occorre rivedere gli ammortizzatori sociali per renderla più sostenibile e tutelata. Al centro degli interventi anche i temi della formazione permanente, dell'apprendistato e di una precarietà che rischia di diventare scontro tra generazioni.
Gianluigi Ravasio
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